I Florio, una leggenda senza fine


Qualcuno di voi che ha sentito parlare dei Florio? I Florio furono una famiglia a carattere imprenditoriale che grazie all'impegno e  al lavoro crearono un vero e proprio impero economico partendo da una piccola bottega di spezie in via dei Materassai a Palermo fino a diventare una delle dinastie economiche più ricche e potenti d'Europa.

Io sono un'appassionata dei Florio e ho conosciuto la loro storia durante una gita alle loro dimore. Allora ho deciso di leggere dei libri e condurre un personale studio sempre più approfondito. Adesso voglio condividere con voi un po' della mia passione e farvi conoscere l'indimenticabile storia dei Florio e recensendo i libri letti. Se c'è qualcuno di voi interessato, mi scriva un commento. Risponderò con molto piacere!

L'alba di un impero economico

Tutto iniziò dopo un terremoto disastroso nel 1783 a Bagnara Calabra, la cittadina era sommersa dalle macerie. In quella cittadina abitavano i fratelli e commercianti di spezie Ignazio e Paolo Florio con la moglie Giuseppina e nel 1799 nacque Vincenzo. Nel 1786 Paolo conobbe il barone palermitano Giovanni Custos a Napoli che gli propose di aprire un negozio di spezie a Palermo. Paolo accettò e nel 1799 trasferì la famiglia a Palermo.

Palermo era una città portuale dotata di una posizione strategica, dove attraccavano navi di tutto il mondo e il commercio era molto fiorente. I Florio si stabilirono in via dei Materassai, dove venne aperto anche il loro negozio di spezie che gli consentì di entrare in contatto con l'aristocrazia palermitana e i sovrani del regno di Sicilia. Il simbolo della loro attività era il Leo bibens, il Leone che si abbeverava lungo un fiume vicino a degli alberi di chinino. A quel tempo era molto diffusa la malaria, una malattia curabile con il chinino, una medicina molto venduta al negozio dei Florio. La sete è uno dei sintomi della malaria, infatti il Leone è malato e ha bisogno di bere, ma è anche simbolo di forza e coraggio e di come dopo ogni caduta ci si possa rialzare.

L'impero si espande

Paolo morì il 30 maggio 1807 in circostanze non chiare, ma la moglie e il fratello non si lasciarono abbattere, ma continuarono ad andare avanti e nel frattempo Ignazio cominciò ad inserire Vincenzo nell'attività del padre. Più tardi Ignazio conobbe  l'imprenditore inglese (e anche vicino di casa) Benjamin Ingham, socio e amico di John Woodhouse (considerato l'inventore del famoso liquore marsala), che gli fece conoscere le tecniche di produzione del vino. 

Alla morte di Ignazio, avvenuta nel 1828, Vincenzo era già completamente autonomo e diede un grande impulso all'attività imprenditoriale affidatogli in eredità. Fu un vero e proprio genio del commercio. Nel 1833 fondò a Marsala le famose cantine per entrare nell'ambito del commercio dell'omonimo liquore e produrne uno con delle tecniche più innovative. L'anno dopo acquistò la Tonnara del duca D'Arenella, oggi conosciuta come Palazzina dei Quattro Pizzi all'Arenella, che fece diventare una bellissima villa dai tetti affrescati. Nel 1840 fondò una Società di Battelli a Vapore in collaborazione con Benjamin Ingham e il barone Gabriele Chiaramonte Bordonaro, e con le navi della flotta riuscì a viaggiare per tutto il mondo. Nel 1874  acquistò la Tonnara di Favignana e espanse l'attività con la produzione e commercio del tonno. Dal 1850 Vincenzo ebbe un ruolo politico e fu nominato Governatore Negoziante del Regno D'Italia. Si sposò con Giulia Portalupi ed ebbero tre figli: Angela, Giuseppina e Ignazio, quest'ultimo potenziò incredibilmente la flotta fondendola con quella di Raffaele Rubattino. 

L'impero all'apice dello splendore e gli anni della Belle Époque a Palermo

Con suo figlio, chiamato Ignazio Junior, Palermo conobbe un grande periodo di sviluppo. Successivamente Ignazio Junior conobbe la baronessa Franca Jacona Notarbartolo di San Giuliano, donna dotata di una straordinaria bellezza, della quale se ne invaghirono molti uomini, tra questi proprio Ignazio. Era anche molto colta e sapeva parlare più lingue. I due si conobbero durante una festa al palazzo del Principe Romualdo Trigona di Sant’Elia e per Ignazio fu amore a prima vista e iniziò un intenso corteggiamento. Poco tempo dopo Franca capì che Florio sarebbe diventato il suo uomo. I due, però, dovettero affrontare anche le perplessità dei genitori soprattutto di Franca, i quali alla fine si arresero al volere dei giovani e acconsentirono le nozze che si tennero a Livorno l’11 febbraio del 1893. Quello fu l’inizio di una mitica favola, perché grazie a Ignazio e Franca Palermo conobbe gli anni brillanti ed eleganti della Belle Époque (1870-1914). Franca e Ignazio avevano anche delle ville nella Contrada dell’Olivuzza, dove per anni si svolsero sontuosi ricevimenti delle persone più influenti d’Italia e d’Europa, come gli imperatori d’Austria Sissi e Francesco Giuseppe, il kaiser Guiglielmo II e il Poeta Vate Gabriele D’Annunzio, che scrisse di Donna Franca: Una donna, una signora siciliana, Donna Franca Florio passa sotto tutte le procuratie. Alta, snella, pieghevole, con quel passo che gli antichi veneziani chiamano alla levriera.

Sebbene non ricambiato D’Annunzio definì Donna Franca L’Unica.

La Belle Époque, però, apparteneva solo alle persone ricche e benestanti mentre il popolo rimaneva lontano da questa  realtà, in quanto Palermo contava tristi primati per analfabetismo, disoccupazione e mortalità. Allora Ignazio Florio, per dare una svolta alla situazione e fornire a Palermo delle buone strutture sanitarie fece costruire l'Ospedale Civico, l'Ospedale "V. Cervello" e l'Ospedale "Villa Sofia".

Ignazio Florio, inoltre,  trasformò Villa Igiea nel Grand Hotel in stile Liberty che è tutt’oggi. Villa Igiea, conosciuta come Villa Domville, era un  sanatorio per la tubercolosi, la cui direzione scientifica fu affidata al medico Vincenzo Cervello, ma la posizione sul lungomare dell’Acquasanta non era adatta alla salute degli ammalati e chiuse sul nascere. Successivamente una commissione di Inglesi pensò di trasformarlo in un casinò, infine Ignazio Florio prese in mano la situazione e lo trasformò in Hotel di lusso con l’aiuto di Ernesto Basile, architetto Liberty di fama internazionale.

Ignazio aveva anche un fratello minore, Vincenzo, grande appassionato di automobili fin da giovane e che partecipò a diverse gare automobilistiche. Vincenzo nel 1906 fondò la Targa Florio, una gara automobilistica che si svolse tra le Madonie, per cui Ignazio Florio aveva creato pure un’apposita cittadella. La gara fu vinta da Alessandro Cagno con una vettura di marca Itala.

Donna Franca fu ritratta dal pittore Giovanni Boldini in un quadro commissionato nel 1901 e finito nel 1914 in posa molto sensuale, con la manica calata, una scollatura audace, le gambe scoperte e con una collana di 365 perle. Ignazio pensò che il ritratto fosse troppo provocante e chiese a Boldini di modificarlo, il quale allungò l’abito, ma il quadro non tornò mai nelle mani dei Florio, perché Ignazio non riuscì a pagarlo per far fronte a gravi problemi economici iniziati ai primi del ‘900.

Il tramonto di un immenso impero economico

I Florio morirono in miseria e dovettero vendere gran parte dei loro possessi, come il loro più grande “gioiello”, il Villino all’Olivuzza. Le cause sono diverse, in molti sostengono che Ignazio abbia perso fiducia nel futuro e sia caduto in depressione a causa della perdita di tre figli morti in tenera età, uno dei quali Ignazio baby boy, unico erede maschio a cui spettava l’impero economico una volta diventato grande. Altri invece si soffermano sull’aspetto economico della situazione, sostenendo che Ignazio si lanciasse in investimenti che non fruttavano e che Franca non si rendesse conto del tempo che passasse e andasse spesso a giocare a poker. Dei Florio rimane solo un piccolo ma prezioso scrigno custodito alla Palazzina dei Quattro Pizzi all’Arenella che ci ha permesso di conoscere la loro storia e farci appassionare ad una leggenda sempre aperta, una storia senza fine.

Serena 

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