domenica 2 ottobre 2022

[Recensione] "Panni sporchi" di Carola De Giorgi

 

1968, in Sicilia c’è stato il terremoto. Per fortuna la casa di Tano e Caterina è rimasta in piedi. Sospirano di sollievo, i grandi; mentre i più piccini – Teresa e Peppino – corrono a tuffarsi, ridendo, nei letti della cameretta. Nessuno dà peso a quella crepa che si è formata sul soffitto: una linea scura e sottile, quasi impercettibile, per rammentare che a questo mondo non si è mai al sicuro. Tano e Caterina ancora non lo sanno, ma anche nelle loro vite sta per arrivare un terremoto che si chiama cambiamento. Dopo, niente sarà come prima; perché in paese le strade sono più strette, le case modeste, la moda giunge in ritardo a bordo del furgone di un ambulante nei giorni di mercato. Però lì – dove si sa tutto di tutti, dove la gente parla, giudica e consiglia, anche se non richiesta – le passioni sono smisurate e gli errori, fatali. 2016, nell’Italia centrale c’è stato il terremoto. Sarà il preteso con cui Teresa scriverà una mail al fratello che è andato via dalla Sicilia quand’era un ragazzo e ha smesso di dare sue notizie. Si rivedranno e, insieme, cercheranno di scoprire se è possibile far tornare tutto come prima. Ma chi sa se ci riusciranno: l’amore può assumere differenti forme, ma è e resta un mistero.

"Panni sporchi" di Carola De Giorgi racconta le vicende di una famiglia siciliana dalla fine degli anni ’60 ai nostri giorni.

Il libro racconta uno spaccato di vita siciliana in un piccolo paese, racconta una Sicilia che forse non esiste più o forse in alcuni ambienti, culturalmente più ristretti, esiste ancora.

La storia di Caterina e Tano, e dei loro due figli Peppino e Teresa, e quella di molte famiglie siciliane, che vivevano in condizioni molto modeste, con lavori saltuari, confidando nell’unico bene che possedevano, almeno i più fortunati: la casa.

Tano nello specifico appare per tutto il libro un debole, che si rifugia nell’alcool e cerca di trovare riscatto nel gioco, che invece lo porterà alla rovina, distruggendo anche il suo matrimonio.

La moglie lo considera un poveraccio (non voglio spoilerarvi ciò che pensa Caterina del marito, leggerete e capirete!). Influenzata dal movimento femminista che nel paese opera in segretezza e che sta diventando sempre più forte, Caterina non accetta la condizione di miseria in cui il marito fa vivere la famiglia, la sua incapacità a mantenere un lavoro, e pensa che l’unica soluzione sia di chiedere aiuto alla suocera.

Si tratta di un estremo rimedio, visto che i rapporti tra suocera e nuora sono stati sempre tesi e freddi. La suocera è un’anziana avara e avida di denaro, con un carattere prepotente e arrogante, tanto da avere impedito all’altra figlia, Mannina, di farsi una vita affinché potesse servirla per sempre in casa e nelle sue necessità.

Tuttavia, l’avvicinamento di Tano alla madre, seppur non spontaneo, farà nascere una solida amicizia tra Caterina e Mannina. Per quest’ultima l’amicizia di Caterina rappresenta una sorta di boccata d’aria perché inizierà ad allontanarsi dalla madre e  a prendere coscienza di sé e dei suoi desideri, avvicinandosi pian piano al movimento femminista.

I turbolenti anni dal ’68 a seguire, i jeans a zampa, i primi pantaloni indossati dalle donne e le prime sigarette in bocca alle donne sono raccontati nel libro molto bene. Si avverte l’irrequietezza di Caterina, l’insoddisfazione di Mannina, la voglia di evasione da un paese che sta troppo stretto.

In tutto questo malcontento ci sono due bambini da crescere e da mandare a scuola, due bambini a cui bisogna cercare di dare un futuro. Saranno loro a pagare il prezzo più alto degli errori degli adulti, loro che dovranno scendere a compromessi con la vita e con se stessi, portando dentro verità inconfessabili, sensi di colpa e paure.

Un racconto intenso, ricco di colpi di scena, che fa riflettere.

Recensione a cura di Silvia



Nessun commento:

Posta un commento