Oggi vi parlo di uno dei libri che più mi ha toccato il cuore, che mi ha parlato come fosse un amico o un confidente. Un libro che ho sentito mio e che non dimenticherò mai. Sto parlando di Quel posto che chiami casa di Enrico Galiano. Ci sono moltissime frasi di questo libro che mi sono rimaste impresse, a partire da questa:
Pensiero di Cè, numero 342
“Il cuore è una città che, senza terremoti, crolla.”
Questa storia è stata, in un certo senso, il terremoto che ha fatto crollare più volte il mio cuore. Che mi ha provocato un senso di commozione e, allo stesso tempo, vicinanza. Era come se ogni capitolo parlasse di me. In parte perché mi sono rivista molto nel personaggio di Vera, nel suo essere e nel suo carattere; in parte perché ogni pagina mi ha parlato con grande sensibilità. Sembrava quasi che le avessi scritte io, come un diario in cui annotare tutti i miei pensieri e parlare anche un po’ di me.
Era come se ogni parola fosse perfetta per parlarmi. E spero di riuscire a fare lo stesso io con questa recensione.
La protagonista è Vera, che parla in prima persona e ha sempre vissuto all’ombra di un fratello maggiore detto Cè, scomparso quando lei era molto piccola. Col passare del tempo, però, ha maturato il pensiero che lui non se ne fosse mai andato e, pertanto, la consapevolezza di non essere sola. Da quando aveva sei anni, infatti, ha iniziato a sentire la sua voce nelle orecchie: una voce calda, confortante e piena di saggezza al tempo stesso. Vera ha sempre pensato che suo fratello volesse farsi sentire e ha imparato, quindi, a leggere alcuni suoi segnali. Uno dei più importanti sono le coccinelle. Quando Vera cerca Cè, le coccinelle ci sono sempre, sembra che vogliano guidarla da lui.
Vera sa anche qual è l’immagine che i suoi genitori avevano di Cè: il figlio perfetto, capitano della squadra di basket, un ragazzo con ottimi voti a scuola e con il desiderio di iscriversi alla facoltà di giurisprudenza. Questa è la strada che anche lei, a un certo punto della sua vita, decide di percorrere. Vorrebbe, infatti, riuscire a trovare quel coraggio di diventare brava come Cè e di colmare il vuoto che ha lasciato.
Inoltre Vera ha deciso di studiare tutti quei segnali per ritrovare suo fratello, per conoscerlo nonostante la consapevolezza che non ci sia più. Saranno proprio quella voce e le coccinelle a farle trovare il taccuino dei pensieri di suo fratello, in cui il ragazzo era solito annotare delle sue brevi riflessioni.
Vera condivide questa ricerca con Gin, la sua migliore amica. Quella voce che sente nella sua testolina la pensa inizialmente come una stranezza, una traccia di pazzia. Stando a quanto dice Cè, però:
“Bisogna essere proprio matti per non impazzire mai.”
Un giorno, infatti, accade per Vera qualcosa di inspiegabile: nonostante debba andare all’università per sostenere un esame di diritto privato, la ragazza segue una coccinella che la porta in una clinica per persone con problemi mentali. Qui incontra Giovanni, un ragazzo che si rivelerà essenziale nella sua ricerca e Francesco. Questi non parla mai, ma nel suo silenzio le insegna una cosa molto importante: che lei non è pazza, è solo viva.
Ed è proprio in quella clinica che Vera apprende di star cercando sé stessa. Allora dovrà trovare il coraggio di ritrovarsi ed essere semplicemente sé stessa.
Come ho già accennato, è un po’ difficile per me trovare un modo per definire questo meraviglioso romanzo. D’altra parte credo che sia molto limitante definirlo con una sola parola e addirittura credo che ci vorrebbe un altro libro per parlarne approfonditamente.
La prima cosa che voglio sottolineare è la bravura dell’autore nell’essere riuscito a creare Vera: una protagonista che si può descrivere già a partire dal suo nome. Istintiva, curiosa, fedele ascoltatrice e desiderosa di sapere. Di cercare ulteriori informazioni su quel fratello perso troppo presto e di trovare quelle verità che le sono state nascoste. Proprio nella sua continua ricerca, voglio sottolineare che “Quel posto che chiami casa” è anche un romanzo di crescita e formazione: in questo libro prevale il tema delle fragilità e di come trasformarle in punti di forza. È ciò che succede a Vera quando comincia a sentire nella sua testa la voce di Cè. Quella che potrebbe essere considerata una pazzia, un’anormalità è in realtà una sensibilità speciale, che Vera imparerà a usare come una forza.
Ognuno ha le proprie fragilità, che difficilmente si riescono a trasformare, come dicevo precedentemente, in punti di forza: è il caso dei genitori di Vera, che sembrano, in qualche modo, non riuscire a superare la perdita di un figlio, nonostante alcuni timidi tentativi.
Questa piccola fragilità diventerà poi coraggio. Il coraggio di essere sé stessi, di perdersi per ritrovarsi. Di scegliere la propria strada con la propria testa, di prendere le proprie decisioni con la speranza di indovinare o la consapevolezza di sbagliare. Questo libro infatti vuole essere anche un sincero invito a scegliere con il proprio pensiero, senza curarsi delle aspettative altrui. È un invito a trovare la volontà e la forza di mettere al primo posto la propria felicità.
A tal proposito, leggere questo libro è stato come sentire una voce rassicurante, a partire dai pensieri di Cè: grandi verità spiegate con poche parole. Questo libro è stato, per me, un posto da chiamare Casa.
Recensione a cura di Serena.
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