sabato 27 gennaio 2024

[Recensione] "Fino a quando la mia stella brillerà" di Liliana Segre

 

La sera in cui a Liliana viene detto che non potrà più andare a scuola, lei non sa nemmeno di essere ebrea. In poco tempo i giochi, le corse coi cavalli e i regali di suo papà diventano un ricordo e Liliana si ritrova prima emarginata, poi senza una casa, infine in fuga e arrestata. A tredici anni viene deportata ad Auschwitz. Parte il 30 gennaio 1944 dal binario 21 della stazione Centrale di Milano e sarà l’unica bambina di quel treno a tornare indietro. Ogni sera nel campo cercava in cielo la sua stella. Poi, ripeteva dentro di sé: finché io sarò viva, tu continuerai a brillare. Questa è la sua storia, per la prima volta raccontata in un libro dedicato ai ragazzi.

 


Non ci sono parole per descrivere quello che ho provato leggendo questa testimonianza.

Liliana Segre racconta la sua terribile esperienza, quella di essere stata rinchiusa a soli 13 anni ad Auschwitz, strappata all’affetto della sua famiglia e del suo adorato papà.

Non tutti i libri sono facili da recensire, questo non lo è, perché è un libro che lacera l’anima e il cuore.

Liliana Segre ha idealmente diviso la sua narrazione in due parti. La prima racconta la vita felice di una bambina serena, amata dai nonni e dal padre che hanno cercato di crescerla e coccolarla nonostante la morte della madre quando la bambina era ancora piccola.

E poi la seconda parte della sua vita quando, in seguito alle leggi raziali, le fu impedito di andare a scuola. Leggi razziali che la fecero divenire lentamente invisibile agli occhi di quelli che fino a una manciata di giorni prima erano stati amici.

Ciò che mi ha colpito, al di là di tutto il dolore che si percepisce da queste pagine, sono le parole della Segre, quando dice che la vergogna delle leggi razziali si è consumata nell’indifferenza generale.

Per gli ebrei la vita era cambiata, gli altri continuavano normalmente, come se nulla stesse cambiando, come se gli ebrei non esistessero.

Così nell’indifferenza generale, si è consumata la più grande vergogna del genere umano, in cui gli esseri umani, marchiati con dei numeri, furono trattati come cose. Liliana venne progressivamente privata della scuola, della casa, degli amici, della sua vita e infine dei suoi affetti più cari.

Ridotta pelle e ossa, scampata al gas per pura fatalità più di una volta, si trasformò da bambina giocosa e felice, in una ragazza triste e arrabbiata, ma non ha mai perso di vista se stessa. Lei era un essere umano, nonostante al campo la trattassero come un animale. La sera, quando era sola, parlava con una stella, un momento che le ricordava chi era e cosa voleva.

In mezzo a quello scenario di morte e dolore lei voleva vivere e sebbene avesse la certezza di essere sola al mondo, che il suo amato padre non l’avrebbe più rivisto, lei desiderava tornare alla vita normale.

Quando gli americani liberarono gli ebrei dai campi di sterminio, Liliana poté lentamente tornare alla realtà, ma non era più la stessa persona.

Non fu più la Liliana di prima sebbene la sua vita sia andata avanti. Le vita le ha donato una famiglia, un marito e dei figli, ma una parte di lei è rimasta in quel campo.

Ha deciso di diventare testimone di ciò che ha vissuto, ha girato per le scuole, ha incontrato gli studenti e ha raccontato la sua vita, consapevole che c’è qualcosa di veramente pericoloso da sconfiggere e cioè i negazionisti della Shoa.



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