giovedì 26 giugno 2025

[Recensione] "Kidanè" di Isabella Acciari

 


"Buonanotte, figlio mio. Continua a sognare, ma senza perderti, continua a sperare senza illuderti, continua a immaginare senza esaltarti. Tua madre era in pena: continua a pensare, ma non dimenticare."

Il libro di cui oggi vi parlo è “Kidanè” di Isabella Acciari. Un’interessantissima scoperta, un romanzo secondo me unico nel suo genere, che unisce passato e presente tramite la sua storia, che porta anche messaggi di libertà, inclusività e uguaglianza sociale.
Kidanè è un titolo che proviene da lontano. La storia è infatti ambientata in Eritrea durante l’età degli imperi coloniali. L’Eritrea, già colonia italiana dal 1889, è una terra bagnata dalle acque del Mar Rosso, dove il sole picchia cocente, e viene avviato un progetto di modernizzazione del tutto italiano. Proprio lì, in particolare nel villaggio di Keren, nel 1906 nasce un bambino, una Perla d’ebano (o Veste di Maria, come viene chiamato nei primi capitoli) che riceve il nome di Kidanè.
Kidanè è un bambino affettuoso e pieno di gioia, che ama trascorrere le giornate a casa con la sua famiglia o al villaggio con i suoi amici con cui spesso si ritrova a giocare.
Un giorno si presenta a casa sua un uomo in doppio petto gessato. Si tratta di una persona molto influente, tanto vicino al governatore eritreo quanto al Re d’Italia, rampollo di una famiglia di commercianti veneziani. L’uomo in doppio petto pensa di portare con sé un ragazzo a Villa Cencelli, proprio a Venezia, al fine di assicurargli un futuro migliore e l’opportunità di studiare. La scelta ricade su Kidanè, secondo di due figli, che parte alla volta del prospero Regno d’Italia.
Col passare del tempo, il ragazzo completa di studi, stringe nuove amicizie e apprende la mansione di maggiordomo. Tuttavia il ragazzo avrà solo poche volte l’opportunità di tornare a casa.
La vita di Kidanè è costellata di avvenimenti che attraversano una lunga frazione di storia: dal colonialismo ai due Conflitti Mondiali, non mancheranno però alcuni sipari più piacevoli, quali l’amore, i due figli l’adorata nipotina Isabella, anche autrice del libro.
Il romanzo si snoda infatti con la tecnica del flashback, si alternano alcuni capitoli in cui è l’autrice in prima persona a raccontare del nonno e del loro rapporto, e altri in cui viene narrata la storia di Kidanè dai suoi primi anni nel continente Africano al suo arrivo in Italia.
È un romanzo che ho amato perché è vero, è scritto di pancia. L’amore che l’autrice prova per il nonno è palpabile, tenero e pieno di sincero affetto. Nonno Kidanè è davvero un esempio di umanità e libertà, un simbolo di forza d’animo. È una storia piena di verità storica quanto individuale, in quanto credo che sia proprio il suo protagonista a essere testimone di incrollabile forza d’animo. È un personaggio di cui è possibile conoscere gli stati d’animo e la crescita: da un bambino che lascia il suo paese d’origine a un uomo che scopre il valore della libertà.
A proposito vorrei soffermarmi sul significato della frase sul retro di copertina: 
“Chi ha paura nel cuore non vivrà mai da uomo libero”
Il tema della libertà viene spesso ripreso. Kidanè infatti impara a pensare e a prendere la vita con coraggio. Imparando a pensare con la propria testa, si libera delle catene della schiavitù.
Il libro invita con garbo a riflettere anche sui temi del razzismo e delle differenze sociali, soprattutto nei capitoli in cui l’autrice parla in prima persona. 
Recensione a cura di Serena.


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