"Noi Siciliani siamo stati avvezzi da una lunghissima egemonia di governanti che non erano della nostra religione, che non parlavano la nostra lingua, a spaccare i capelli in quattro. Se non si faceva così non si sfuggiva agli esattori bizantini, agli emeri berberi, ai viceré spagnoli. [...] Adesso non voglio discutere se ciò che si è fatto è stato male o bene; per conto mio credo che parecchio sia stato male; [...] ma siamo stanchi e svuotati lo stesso."
Oggi vi parlo di un romanzo a
mio parere unico nel suo genere. Una storia che, come pochi, dipinge un quadro
molto chiaro sulla nobilità siciliana del Risorgimento: sto parlando de “Il
Gattopardo” di Giuseppe Tomasi di Lampedusa.
La storia è ambientata nella
seconda metà del Diciannovesimo secolo, a partire dal 1860.
Il protagonista della storia è
il Don Fabrizio Corbera, Principe di
Salina, che sta attraversando la parabola discendente della sua stirpe
nobiliare. Memore degli antichi fasti della sua famiglia e della mansione di luogotenente
in Sicilia per Re Francesco II di Borbone, ormai si rassegna a vivere nel suo
grande Palazzo con la moglie, Maria Stella, i figli, il parroco gesuita Padre
Pirrone e a passeggiare nel giardino con il cagnolino Bendicò.
Mentre in Italia si fanno
sentire venti rivoluzionari, proposte unitarie monarchiche e repubblicane,
arriva l’11 maggio del 1860, la data dello sbarco di Garibaldi e Marsala. Il
Principe, allora, decide di trasferirsi nel suo Palazzo a Ragusa con tutta la
famiglia, compreso l’adorato nipote Tancredi Falconieri, che aveva aderito alla
causa garibaldina dimostrando così un grande spirito di adattamento.
Lontano da spinte
rivoluzionarie, organizza un grande ricevimento presso il suo Palazzo, a cui
prendono parte i personaggi più influenti del paese. È proprio qui che Tancredi
conosce la bellissima Angelica Sedara, figlia del sindaco Don Calogero. Tra i
due è amore a prima vista. Don Fabrizio, del resto, sa che un loro matrimonio
sarebbe vantaggioso per il casato dei Salina (ormai in declino) per vari
motivi: tra cui la ricchezza della dote di Angelica e l’ampliamento della loro
sfera sociale.
“Il Gattopardo” è un’opera unica
e inimitabile. Un’opera che, secondo me, meriterebbe di essere studiata e approfondita
con interesse nei programmi di scuola. Giuseppe Tomasi di Lampedusa ci consegna
infatti un quadro chiaro e completo della nobiltà siciliana del tempo.
Attraverso il suo protagonista, ovvero Don Fabrizio Corbera, abbiamo uno
sguardo sui sentimenti di un Principe in epoca Risorgimentale: un sentimento disilluso,
di nostalgia verso gli antichi fasti e di insicurezza di fronte l’Unità
Nazionale che sta arrivando e che determinerà la fine del suo prestigio
sociale.
Don Fabrizio è un Principe anche
orgoglioso delle sue nobili origini, ma che comprende di doversi adattare ai
tempi che stanno cambiando. È quello che fa suo nipote Tancredi, unendosi ai
garibaldini.
Nel frattempo la borghesia
cittadina riemerge e crea legami con la nobiltà. È ciò che il libro vuole
testimoniare con l’unione tra Tancredi Falconieri e Angelica Sedara.
È un romanzo che aiuta a
spiegare e, addirittura, a vivere il Risorgimento italiano attraverso la
parabola discendente della nobiltà e quella ascendente della borghesia. Tuttavia il prestigio dei Gattopardi viene
ricordato più volte tramite le feste che erano soliti tenere presso la loro
villa, la loro sfera di conoscenze e la loro ideologia.
A fare da sfondo sono anche alla
storia sono anche i tumulti, i gruppi rivoluzionari e le varie proposte sull’Unità
di Italia.
Il libro è stato anche il soggetto per il film omonimo di Luchino Visconti con protagonisti Burt Lancaster, Claudia Cardinale e Alain Delon e, in tempi più recenti, di una serie Tv prodotta per Netflix dove hanno recitato attori come Kim Rossi Stuart, Benedetta Porcaroli, Deva Cassel e Saul Nanni.
Uno di quel libri capaci di diventare "immortali" e di parlarci a distanza di generazioni.
Recensione a cura di Serena.


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