venerdì 26 settembre 2025

[Recensione] "Tutta la vita che vuoi" di Enrico Galiano

 


"Non tutto può avere un nome. Anzi: ci sono cose che è giusto che restino senza, innominabili, anche se il mondo là fuori è sempre lì che insiste perché tu trovi una parola per loro."


“Tutta la vita che vuoi” è un romanzo di Enrico Galiano, edito Garzanti Editore, che mi ha trasmesso un’importante lezione su quanto, a volte, sia importante perdersi per poi ritrovarsi.

Mi spiegherò meglio a partire dalla trama, in questa storia si intrecciano più vite: quella di Giorgio, Clo e Filippo Maria.

Giorgio ha diciassette anni, le balbuzie e si sta preparando per il funerale del fratello Luca, suo migliore amico e supporto in ogni situazione. Nonostante gli fosse molto affezionato, guardandosi allo specchio si chiede come non sia riuscito a piangere al suo funerale.

Giorgio, però, ha anche un amico su cui può sempre contare: Filippo Maria. Quest’ultimo convive con la dislessia, che a volte lo porta ad avere dei piccoli fraintendimenti con altre persone, ad esempio con Giada Tosi, la ragazza di cui è innamorato. Filippo però ha spesso dei problemi con il suo professore di fisica, Trevisan, che mai perde occasione di sminuirlo e umiliarlo, finché un giorno non decide di rispondergli di pancia e di scappare da scuola.

E poi c’è Clo, che preferisce questo appellativo al suo vero nome, Claudia. Clo è una ragazza ferita da molti accaduti in famiglia, che si rifugia nella cleptomania per colmare le sue insicurezze e trovare una sorta di “corazza” contro il mondo.

I tre si incontrano per caso e quello che fanno è incredibile: rubano una macchina e decidono di passare ventiquattro ore insieme per realizzare un loro desiderio mai detto a nessuno.

Esattamente come tutti i libri dell’autore, anche questo mi ha travolta. In più punti mi sono commossa e mi sono scese alcune lacrime. Questo perché ogni storia di Galiano è un invito a fermarsi e a riflettere su qualche aspetto della propria vita. Qui in particolare ci si sofferma su quanto sia importante trovare quella voglia di fare di cui spesso ci troviamo senza. Una spinta, una specie di daimon che spesso ci aiuta ad affrontare le prove più difficili. Ovvero la voglia di vivere, la stessa che Clo racchiude in una lista di 225 motivi per cui vale la pena vivere, trascritta anche alla fine del libro.

L’azione narrata è del tutto fuori dal comune: Filippo, Giorgio e Clo si incontrano (quasi) per caso e decidono di mettersi alla prova. Rubando una macchina e allontanandosi un po’ da tutti, infatti, sperano di ritrovare sé stessi e la loro strada nel mondo. Dal loro confronto e dal loro viaggio nasce un’amicizia molto particolare; nata istantaneamente, eppure già così profonda, come se si conoscessero da una vita. Probabilmente ciò che li accomuna è la voglia di realizzare un desiderio di cui non hanno mai parlato con nessuno. E credo che sia proprio questo il messaggio più importante di tutto il libro.

Spesso ci sono dei desideri di cui non parliamo con nessuno, probabilmente perché li troviamo irrealizzabile per un motivo o per l’altro. In questi casi, però, non ci accorgiamo che per realizzarli a volte c’è bisogno di uscire dai propri limiti. Solo allora possiamo capire se quel desiderio e realizzabile o meno. Quindi occorre la forza di volontà per realizzare un desiderio, per avere quel senso di soddisfazione inappagabile. Occorre metterci tutta la vita che si ha.

Questo libro mi ha aiutata in un periodo molto difficile, in cui mi veniva difficile credere in me. Sono state le sue candide parole, tuttavia a suggerirmi l’opposto.

Parole che sembravano messe lì apposta per me, per dirmi “Ce la puoi fare”, a ricordarmi che nella vita c’è sempre qualcosa per cui sperare e continuare a insistere.

È stata una lettura che, più di una volta, mi ha suggerito di rompere i miei schemi e fare qualcosa che mi rendesse felice e appagata, anche se fosse la più stramba da fare.

Un libro che mi rimarrà in mente, che non dimenticherò mai.



sabato 13 settembre 2025

[Recensione] "Angeli e Demoni" di Dan Brown

 


"Le forze del male, anche se poderose, non sono invincibili. Il bene può prevalere. Ascoltate il vostro cuore. Ascoltate Dio. Insieme, possiamo salvarci da questo abisso."

Dan Brown ha mostrato tutta la sua bravura nel thriller, nel creare un intreccio scaltro e avvincente, nel suo romanzo “Angeli e Demoni”.

La vicenda narrata comincia presso il CERN, un prestigioso istituto di scienziati e fisici che si trova a Ginevra, dove due scienziati, Leonardo e Vittoria Vetra, hanno sviluppato una sostanza rara e avanzatissima in antitesi alla materia, detta appunto antimateria. La loro ricerca sembra essere avvenuta in totale segretezza, almeno finché uno sconosciuto non uccide brutalmente Leonardo, marchiandolo a fuoco sul petto con la scritta “Illuminati”.

Chi sono gli Illuminati? È proprio in questo momento che entra in gioco Robert Langdon, insegnante di simbologia religiosa presso l’Università di Harvard, che viene chiamato dall’integerrimo direttore del CERN, Maximilian Kohler, consapevole della sua approfondita conoscenza dell’argomento. Una volta arrivato, Langdon spiega che gli Illuminati sono stati una setta segreta dal carattere fortemente anti-ecclesiastico, fondata a cavallo tra il Settecento e l’Ottocento da una cerchia di scienziati al fine di continuare le proprie ricerche senza essere ostacolati dall’oppressione della Chiesa.

Subito dopo il loro dialogo, subentrerà nella storia Vittoria Vetra, una donna brillante e determinata che spiegherà al professore americano che l’antimateria viene tenuta isolata in un apposito contenitore per prevenire il suo contatto con la materia; se queste si scontrassero, avverrebbe immediatamente la distruzione di un intero centro abitato.

Il contenitore con l’antimateria, fortunatamente, viene localizzato: sembra che si trovi a Città del Vaticano, dove contemporaneamente si sta svolgendo il conclave. Robert e Vittoria partono immediatamente per ritrovare il famigerato ordigno e smascherare l’artefice dell’atto scellerato. È proprio tra le strade di Roma che prende vita una folle corsa contro il tempo, tra chiese, archivi e segreti che sembrano destinati a saltare fuori.

Dopo aver letto Il Codice Da Vinci, mi sono semplicemente innamorata dello stile di Dan Brown, di quella penna capace di fondere storia, arte e leggenda e tirarne fuori una storia al limite tra realtà e fantasia, ma pur sempre credibile.

Ciò che mi ha colpito maggiormente di questo romanzo è il suo aspetto attualizzante nei confronti di un tema che abbiamo più volte approfondito nei libri di storia: la lotta tra la Chiesa e la Scienza, quella disciplina rigorosa che più volte ha sfidato le sue verità immutabili. Questo tema viene reso attuale nello scenario di Roma, una Città metropolitana e movimentata tramite i personaggi che danno forma alla storia, tra i protagonisti Langdon e Vittoria, i cardinali in conclave custoditi dalle Guardie Svizzere, il giovane camerlengo Carlo Ventresca, Maximilian Kohler e un folle assassino che si muove nei meandri della Città Eterna.

Ciascuno dei personaggi citati ha un ruolo fondamentale nella storia e Dan Brown ne approfondisce la psicologia in modo dettagliato e scrupoloso. Durante la lettura, sembra di conoscerli tutti, o quasi.

Il libro, infatti, è pieno di colpi di scena. Fare delle ipotesi sul finale diventa quasi impossibile, proprio perché tutte le aspettative vengono stravolte senza alcuna prevedibilità. Perché tutto questo? Semplice: a causa di una suspence avvincente e mai scontata.

A rendere ancor più intrigante il romanzo è la presenza di opere d’arte e spiegazioni a proposito, tramite la bocca dell’affascinante Professor Langdon. Durante i suoi interventi nel corso della storia, il tempo sembra fermarsi, la realtà sparisce e ci si può immaginare quasi a prendere parte alla vicenda narrata.

Si potrebbe continuare a leggere senza curarsi più del tempo e si potrebbe andare avanti così ancora per molto…anche nel cuore della notte!

Recensione a cura di Serena.