Recensione a cura di Serena
È il 1799 quando i Florio si stabiliscono in Sicilia costruendo, pezzo dopo pezzo, un impero immenso. Ignazio viene in possesso di tale eredità presto, forse troppo presto. Uomo capace di vivere appieno il suo tempo, travolto dal culto della bellezza e del lusso, conduce un tenore di vita degno di un re, si butta in affari rischiosi, investe in chimere, non risparmia in regali e gioielli per la moglie Franca come per le sue transitorie fiamme senza mai scordare gli amori giovanili. Incomprensioni, egoismi reciproci e tragedie familiari scandiscono il ritmo di una storia che naufraga tra infiniti tradimenti, passioni, successi e infortuni imprenditoriali. Ma i due coniugi restano comunque protagonisti indiscussi di feste mondane, ospitano nelle dorate residenze le principali teste coronate europee, oltre che musicisti e scrittori. Saranno sempre sulla bocca di tutti. Nel bene e nel male. La Palermo della Belle Époque brilla come Parigi, è la capitale del Liberty, ma sullo sfondo rimane una miseria che affida alle rivolte sociali o alla mafia il proprio riscatto. Una città splendida e contraddittoria come i protagonisti del romanzo. "La gente esagera nel raccontare quello che ha visto. Specie se non l'ha visto mai". "Sì, ma parlando di voi non si poteva esagerare…"
In una Palermo che non
esiste più, c’è stata una famiglia che ha dominato l’intera Sicilia, seppur non
avendo un titolo nobiliare, dando un grande impulso all’economia dell’isola: si
tratta dei Florio.
Originari di Bagnara
Calabra, nel 1799 si stabilirono a Palermo diventando una tra le famiglie più
ricche di Sicilia, poi d’Italia, infine d’Europa. Uno dei nomi più importanti
della nota famiglia è quello di Ignazio Florio Junior, ultimo erede dell’impero
economico, che vide il suo massimo splendore e, verso l’inizio del 900, anche
il suo declino.
Salvatore Requirez
racconta la vita di Ignazio Florio in un interessantissimo romanzo storico
utilizzando la tecnica del flashback durante il primo capitolo; infatti tutto
inizia con un dialogo avvenuto il 17 maggio 1943 tra Ignazio Florio, ormai
anziano, e un suo amico, il principe Giuseppe di Starrabba, che lo conduce alla
cappella di famiglia a Palermo in macchina. Nel frattempo Ignazio ricorda gli
anni del suo passato, partendo dalla morte di suo padre e dalla pesante eredità
che gli venne lasciata. Allora Ignazio era solamente un ragazzo di ventun anni
dalla mente libera e senza pensieri, trovatosi improvvisamente a gestire molte attività commerciali. Il
ragazzo fu un eterno donnaiolo, il cui primo amore viene citato nel libro con
il nome di una certa Cristina Russo, che la ricorderà sempre durante la sua
vita, contemporaneamente alla bellissima Franca Jacona di San Giuliano, che
conquisterà e diventerà sua moglie nonostante i dissensi del padre. I giovani
coniugi trascorreranno gli ultimi anni del 900 conducendo una vita mondana, tra
i salotti di tutta Europa raggiungendo una grande fama, ma allo stesso tempo
Ignazio dovrà subire degli schiaffi morali dalla vita: in quanto perderà ben
tre figli, tra questi Ignazino detto affettuosamente Baby boy e
destinato ad essere l’erede dell’impero economico, e si troverà ad affrontare
un inevitabile e progressivo declino dell’impero economico della grandissima
famiglia dei Florio.
“Ignazio Florio, Il Leone
di Palermo” è un perfetto romanzo storico che descrive la vita di Ignazio
Florio in modo fedele e realistico. La vita di Ignazio Florio non è mai stata
tutta rosa e fiori, come potremmo immaginarci a proposito di un uomo
benestante, ma tutt’altro: ebbe una vita movimentata a causa delle concorrenze
di lavoro e riguardo alla gestione degli affari, soprattutto dal momento del
declino, ma anche sul piano personale, in quanto si trovò spesso a litigare con
Franca, sua bellissima consorte, a causa delle innumerevoli relazioni
clandestine che la fecero soffrire, e anche dopo la perdita di tre figli,
Ignazio non ebbe più la forza di lavorare né quasi di vivere.
È stata una bella scelta
da parte dell’autore, che io ho avuto il piacere di conoscere personalmente,
inserire dei dialoghi in dialetto, in questo modo il lettore viene coinvolto
ancora di più nella lettura.
È un romanzo che dona un
senso di soddisfazione non appena lo si finisce, perché riesce a raccontare la
vera storia di Ignazio Florio, senza cambiare niente, e può colmare ogni dubbio
relativo ala sua storia. È per questo motivo che assegno cinque stelle a questa
interessantissima lettura.
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