“L’ultimo Rais di
Favignana” di Massimiliano Scudeletti è un romanzo storico che racconta la
storia di Gioacchino Cataldo, l’ultimo capo dell’iconica tonnara di Favignana,
eretta da Vincenzo Florio Senior, che conferì un’immagine di ricchezza
all’omonima isola e finì per diventare il teatro di un fenomeno leggendario e
ammirato in tutto il mondo.
Il Rais era colui che dirigeva
la tonnara e comandava i tonnaroti durante la pesca del tonno. È una parola di
derivazione araba che si traduce letteralmente come “capo”.
Il ruolo del Rais era
senza ombra di dubbio la chiave della tonnara, quel meccanismo che muoveva
tutta l’attività. Era anche un ruolo faticoso, gravoso, sudato, dove quel che
contava era organizzare una mattanza che desse risultati prosperi e abbondanti.
Gioacchino non ottenne il
Raissato per discendenza o per eredità (com’era comune all’epoca), ma per il
suo impegno, poiché fu acclamato dai suoi pari dopo le dimissioni del
precedente Salvatore Spataro.
Del resto, se a Favignana
non si viveva di tonno, si viveva di tufo. Infatti, un’altra delle attività più
sviluppate era la cava, che portava a un destino molto più travagliato e del
tutto invivibile.
La strada che portò Gioacchino
al comando della tonnara, però, non fu sempre costante, ma fu interrotta dalla
leva militare e dalla sua successiva emigrazione in Germania, dove sperò di
trovare un mondo più sviluppato, per poi tornare nella sua isoletta natìa, a
cui era rimasto molto legato.
Nonostante nel 2007 vi fu
l’ultima pesca che si concluse con pochi e piccoli tonni presi, la mattanza è
divenuta uno dei fenomeni più caratteristici e conosciuti della Sicilia che ha costituito
un pezzo di storia famosa in tutto il mondo.
Il romanzo è scritto a
POV alternati, ovvero dal punto di vista di Cataldo e dell’autore, il quale descrive
la figura del Rais come se fosse un mito greco in epoca moderna; a causa della
sua statura e della sua forza, infatti, viene paragonato al guerriero Acheo
Aiace.
Il Rais, invece, non
pensa di essere un mito o una leggenda, ma si identifica semplicemente come un
lavoratore al pari degli altri.
L’autore nutre una grande
stima verso Giocchino Cataldo, non solo per le sue conoscenze sul tonno e sulla
mattanza, per l’impegno e la passione nel suo lavoro, ma anche per la caparbietà
nel tenere la tonnara più viva possibile, nonostante la progressiva diminuzione
dei tonni e la concorrenza di altre tonnare e produttori dell’estero.
Una volta che fu chiusa
la tonnara, la storia, però, ebbe un seguito. I Rais finirono, i tonni no e
tutt’oggi la tonnara si erge ancora imponente sull’isola a raccontare questa
storia a tutti coloro che la visiteranno.
Il libro è riuscito a
prendermi totalmente. Leggendo, mi è sembrato di trovarmi sull’isola di
Favignana, ad assistere alla pesca dei tonni e a camminare tra le stanze dello
stabilimento Florio. La tecnica dei POV alternati mi ha anche aiutata a
conoscere il pensiero del Rais e le sue considerazioni riguardo il futuro
incerto della tonnara.
L’autore riesce a interpretare
particolarmente bene il pensiero di Cataldo, rendendo il personaggio vivo e
pulsante.