Autrice:
Maria Enea;
Genere:
raccolta di poesie;
Trama: “Trecce
di Donnaӏ un mosaico di sensi, percezioni, stimoli interiori trasformati in
versi, parole, preghiere e, a volte, paesaggi di dentro animati dalla
straordinaria capacità di fotografare l’istante, l’infinito colto anche solo in
un battito di ali.
Qualcosa
di magico aleggia in tutta l’opera, a partire dal titolo che rimanda a una
leggenda popolare siciliana secondo cui le “Donne di fuora”, fate o streghe, di
notte si introducevano nelle abitazioni, lasciando come traccia del loro
passaggio, temuto o anelato, intricate trecce sul capo dei bimbi, che nessuno
osava tagliare per paura di una maledizione. Il volume, diviso in due parti,
“Alfabeti dell’anima” e “Parolibere”, è caratterizzato da una sorta di
dualismo, tradotto in parallelismo o in contrasto, prodotto da quel turbine di
pensieri che rapisce l’autrice e la porta in un mondo altro, quello vero, profondo,
contrapposto alla realtà corrotta e caduca del genere umano. Così, tentando di
rimanere in equilibrio, Maria scandaglia i temi più vari.
Magico è
il rapporto, ancestrale e filiale, che Maria Enea ha con la Natura, che
personifica, innalza a forza e di cui richiama tutti gli elementi, come quando
nella poesia “Mistral” invoca il vento a spazzar via il male, a pulire i
pensieri, o ancora quando invita ad abbracciare l’albero, toccare il fiore per
assorbirne le energie positive, sottolineando la bellezza del Creato da un lato
e la brutalità dell’uomo dall’altro. E poi il mare con il suo azzurro intenso,
liquido primordiale in cui immergere i pensieri, purificandoli e rigenerandoli.
E poi le nuvole, la volta celeste, le stelle. E una domanda: se l’uomo più non
fosse?
Caro
all’autrice è il tema della donna, di cui ripercorre il cammino nei secoli,
ricostruendone la condizione a partire dalle donne perseguitate
dall’Inquisizione, passando per le monache di clausura che hanno esorcizzato il
dolore della monacazione imposta creando dolci divenuti ormai storici, fino ad
arrivare alla denuncia delle violenze che ancora oggi, ancora come allora, le
donne sono costrette a subire per mano di uomini. Quindi, il tema del
narcisismo, del retaggio di credenze purtroppo ancora vive, dei tentati
riscatti, dello stupro attraverso la condivisione di immagini private.
Ancora, il
fascismo con i suoi “ideali” ipocriti e la religione con una chiesa
autoritaria, chiusa nei suoi dogmi, in contrapposizione a una chiesa viva, umana,
poggiata su valori autentici come le preghiere che l’autrice rivolge a Gesù e
alla Santuzza bella, invocandoli di intervenire nelle miserie umane. Poi, un
grido s’innalza per scuotere Palermo, città di santi, di mafia, di giudici, che
deve ritrovare i suoi valori più autentici e da troppo tempo dormienti.
Così, tra
preci e versi onesti, si arriva alla fine del viaggio a seguire il moto
estatico dell’autrice che, attraverso “Parolibere”, ci trasporta sulle ali di
un airone in un mondo quasi fiabesco, dove, alla fine, non esiste una morale,
ma nasce la speranza che, forse, siamo ancora in tempo per cambiare le carte in
tavola.
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